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Push to open

Ebbene si, 

Federico di là immerso in un incontro da produttore. 

Due calici e due musicisti.

Sistemato per la serata.

Io rubo il momento e con il profumo di Teroldego Rotaliano (senza formaggio*) racconto:

A volte la vita ti mette di fronte a dei perfetti scenari da film.

Per esempio qualche giorno fa sedevo in metro.

Nella mia memoria, sono da poco scoccate le 21. Siedo al primo vagone. E con me altre 4 persone.

Ora tra Alexanderplatz e Rosa Luxemburg Platz tre di loro siedono e stendono in pose plastiche. Ai miei occhi non desiderano altro che essere fotografati.

Ed io?

Vorrei fotografarli ma desidero più osservare e catturare l’immagine per me nella mia memoria interna e indistruttibile. Le fotografie in quei dischi esterni si smarriscono. Oppure io non ricordo dove le metto e finiscono da qualche parte, abbandonate a se stesse in attesa d’essere trovate.

Nel mentre intorno il film continua a girarsi.

E c’è lei, in piedi, sta per scendere. E inizia a premere il pulsante durante i secondi in cui la metropolitana ancora scorre lungo la banchina. Come se volesse scendere in corsa, un atto circense per gli spettatori in banchina. Ma lei lo sa che la porta non si aprirà prima che il mezzo rallenti abbastanza da non rendere la cosa troppo pericolosa. Eppure, persino quando la porta si apre mentre la metro è ancora in un leggerissimo movimento Lei, non scende. Aspetta che il vagone si fermi del tutto per posare il suo dolce piede su quella porzione di sotto-terra solido e grigio. E quindi mi chiedo io: perché la donna ha iniziato a premere il tasto prima che la metro si fermasse?

Per rispondere al desiderio di premere un bottone su cui c’è scritto OPEN

Un desiderio che molti apparenti impavidi hanno, ma che poi si rivelano essere profondamente e convenzionalmente terrestri scendendo con la massima prudenza e facendo estrema attenzione al “vuoto tra il vagone e la banchina”.



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