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Voli di Parole

Sono a Bruxelles. Sono all’aeroporto di Bruxelles.

Posso affermare di aver visitato due volte l’aeroporto di Bruxelles, ma non lei.

In entrambi i casi, di passaggio. Eppure Bruxelles non sembra per niente una città di passaggio. Le città sul mediterraneo sono di solite le città di passaggio. Forse non per noi. Noi cittadini europei passiamo per Bruxelles, dove il nostro parlamento risiede e dove passa colui che, appartiene ai molti (ma in diminuzione) che posseggono senso civico e che possiede una memoria abbastanza allenata da ricordare il motivo per cui abbiamo intrapreso questo viaggio politico-europeo.

Ora mi viene da scrivere: bizzarro. Quei luoghi di passaggio come la Grecia (), la Spagna o l’Italia per giungere in Francia passando tra Claviere e Monginevro. Passaggi sulla linea di confine, in punta di piedi per cercare di non essere presi o arrestati o riportati al punto di partenza. Purtroppo non si sta giocando a Monopoli. E invece a Bruxelles (dove resterò per ancora 15 minuti) vengono scelte storie e destini e di passaggi se ne vedono solo di europarlamentari e troppe poche idee comunitarie.

Siamo ad un mese circa per le elezioni europee ed io ancora non so cosa fare. Attraverso i dubbi che affollano continuamente la mia mente, ho preso una scelta, non scegliendo.


 

Nel frattempo mi rendo conto che volare da Tolosa al resto del mondo ha i suoi vantaggi. Prima avevo due posti liberi su cui distendere le gambe. Da Bruxelles a Berlino di spazio non c’è neanche quello per pensare.


 

Come stavo scrivendo, chi non sceglie viene scelto. Lasciare che i miei dubbi possano condurre me è una possibilità, ma lasciare che il dubbio prevalga per una scelta comunitaria non sono disposta a concederlo. Anche perché la sicurezza giace nella mente di chi ha pensieri sbagliati. Si, bisogna ritornare a parlare di ciò che è storto e di cosa è dritto. Simoncino a Torre Maura è dritto (non nel senso malizioso del termine, come qualcuno potrebbe interpretare); Casapound è storta. Non c’è altro da aggiungere.

Se non il fatto che sto per decollare. Sto per lasciare Bruxelles e trasformarmi da “di passaggio a Bruxelles” ad “un passaggio per Berlino”.

Questi giorni ho ascoltato parlare francese, ho provato a parlarlo ma ho mischiato il fresco tedesco con un impolverato français. Ho visto il visage della receptionist contorcersi di fronte ad una me che alle 7:30 AM le parlo direttamente in tedesco. Ne sono rimasta scioccata persino io, per essermene resa conto solo alla fine della frase.

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È assurdo come fiumi di parole nella mia lingua madre siano stati liberati con questo passaggio. Ho staccato da terra alle 20:58 e per questo ora appartengo al mondo delle nuvole con un altro centinaio di persone più attendenti di volo.

Passato di passaggio al passare.


#Voli di Parole



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